291. «E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo»

La semina del mattino
291. «E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo» (At 6,15).

Tra i sette diaconi eletti dalla Comunità cristiana di Gerusalemme spicca la figura imponente di Stefano. Egli come altri del settenario, ha un nome greco. Le sue gesta sono raccontate dall’evangelista Luca con molta dovizia di particolari che fanno eccellere la pienezza di grazia e di potenza di cui è dotato da Dio, insieme ai grandi prodigi che compie. Gli interlocutori non tengono testa ai suoi ragionamenti che sanno di cielo e per questo lo accusano e lo traducono con violenza dinanzi al Sinedrio per intentare un vero e proprio processo e farlo condannare alla lapidazione. Si crea così una sorta di continuità tra ciò che era successo a Gesù e quel che succede ai suoi seguaci. In fondo Stefano aveva illustrato al popolo come Mosè e la Legge non fossero altro che una preparazione alla salvezza portata da Cristo e che il tempio di Gerusalemme non era garanzia di salvezza per il popolo. Si tratta di un malinteso, lo stesso che avevano provocato espressioni analoghe di Gesù. Gli sguardi dei componenti del collegio giudicante sono tutti fissi su di lui con un misto di curiosità e stizza, provocata dalle false testimonianze addotte. Stefano sembra impassibile, anzi i suoi giudici scorgono il suo viso trasformato, quasi trasfigurato, proprio come quello di Gesù. La verità, anche se subisce ingiustizie nel giudizio di questo mondo, riceve una forza misteriosa dall’Alto che trasforma non solo l’intimo del cuore, ma anche le fattezze del viso, rendendolo come un viso d’angelo. P. Angelo Sardone