285. «Il ricavato di ciò che era stato venduto, deposto ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno»

La semina del mattino
285. «Il ricavato di ciò che era stato venduto, deposto ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno» (At 4,32-34).

La carità concreta si manifesta nella condivisione, nel donare a chi è nel bisogno non solo ciò che è superfluo, ma anche privandosi di qualcosa di necessario. “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35), testimonia l’apostolo Paolo, ponendo questo detto sulla bocca di Gesù. La condivisione sin dall’antichità è stata sempre ritenuta uno dei segni più veri dell’amicizia. La caratteristica dei primi cristiani non era la rinunzia al possesso dei beni, peraltro ritenuti doni di Dio, ma la condivisione con chi era nella necessità e la vendita per andare incontro alle necessità dei poveri e bisognosi. L’esempio nasceva già dalla comunità itinerante inaugurata da Gesù insieme con i suoi apostoli, Maria ed alcune donne: si praticava una comunione di vita e di beni materiali con una cassa comune. Il medesimo stile di vita fu proprio della Comunità di Gerusalemme che si muoveva attorno agli Apostoli ed a Maria. La rinunzia e la condivisione erano motivate dal desiderio di andare incontro alle necessità concrete dei poveri e dall’avere tutto in comune. Le Regole dei grandi Ordini religiosi e delle diverse Congregazioni, a partire da S. Benedetto, contemplano questa forma di condivisione per sconfiggere quello che veniva detto ”vizio della proprietà”. Ciò rientra anche nel cosiddetto “voto di povertà” soprattutto dopo la professione perpetua a seguito della quale, un tempo di diceva esplicitamente: ora tutto sarà in comune. Ma ciò non può e non deve far parte solo di chi è chiamato alla vita consacrata, ma appannaggio di ogni singolo cristiano. P. Angelo Sardone