20 giugno 2020

Mattutino di speranza
20 giugno 2020
I segni sono elementi importanti nel linguaggio umano e nelle relazioni sociali. La filosofia medievale li definiva “Aliquid stat pro aliquo”, cioè “qualcosa che sta e che rinvia a qualcos’altro”. Il segno colpisce i sensi e riduce la distanza fra ciò che l’occhio vede, l‘udito ascolta, il tatto tocca, il sapore gusta, e la mente comprende, il cuore accoglie. Nel suo rapporto con le creature Dio si serve di segni: parole, gesti, situazioni, cose, avvenimenti e persone che rimandano a qualcos’altro. Sono segni l’arcobaleno nel cielo dopo il diluvio, la circoncisione richiesta ad Abramo, la legge scritta nel cuore, la coscienza. La costruzione della torre di Babele è segno evidente del desiderio sciagurato dell’uomo di raggiungere il cielo e prenderne possesso, quasi mettendosi alla pari con Dio. I profeti nel loro ministero spesso adoperano segni particolari; per qualcuno, come Osea con la sua sconcertante vicenda umana, la stessa vita diviene un segno di quanto Dio dice ed opera per mezzo di loro. La presenza di Gesù nel mondo dopo la sua Ascensione al cielo, è mediata dal segno materiale del pane e del vino. Nel mistero dell’Eucaristia, i doni offerti per la celebrazione, sono il segno particolare destinato non solo a rimandare ma a trasformarsi in realtà, cosa che si accoglie solamente attraverso la fede. Dopo la consacrazione, infatti, pur mantenendo le caratteristiche esterne del colore, del sapore, della grandezza (la filosofia li chiama accidenti), il pane ed il vino diventano realmente il corpo ed il sangue di Gesù Cristo. Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce i sette Sacramenti “segni efficaci della grazia”. L’uomo adopera il linguaggio dei segni. Nel caso dei sordi esso è indispensabile. L’esperienza storica del popolo di Israele nella presa di possesso della Terra promessa, tra i cosiddetti Giudici, annovera la figura significativa di Gedeone, uomo forte e valoroso, scelto dal Signore per essere condottiero di una minuscola truppa di uomini per sconfiggere i Madianiti. Egli raduna una massa ingente di persone per la guerra; il numero si riduce quando, secondo il suggerimento di Dio, i paurosi sono lasciati liberi di tornare a casa. Nonostante la diminuzione, un numero ancora grande di uomini è disponibile a combattere. Ci pensa allora il Signore con uno stratagemma a ridurre ulteriormente il numero fino a 300 uomini appena che, armati di corni, fiaccole e brocche vuote, collaboreranno con Lui, il Dio delle schiere, vero vincitore e dominatore, a sgominare il nemico. Al suono del corno, la confusione generatasi nel campo porterà i nemici ad annientarsi l’uno con l’altro senza che il minuscolo drappello israelita faccia alcunché. Prima di accettare il compito richiestogli da Dio, Gedeone che pure è un fedele ascoltatore del Signore nonostante si senta “il più piccolo nella casa di suo padre”, scende a patti con l’Angelo di Dio che gli è venuto a parlare, perchè vuole vederci chiaro ed avere la certezza che sia davvero Dio a guidare i suoi passi di condottiero. Gedeone chiede: «Dammi un segno che proprio Tu mi parli» (Gdc 6,17). Il Signore gli conferma la sua volontà ed il suo assenso alla richiesta col segno del vello di lana pieno di rugiada mentre l’aia circostante è perfettamente asciutta, il primo giorno, ed il contrario il giorno seguente, quando il vello rimane prodigiosamente asciutto mentre l’area circostante è piena di rugiada. Il Signore risponde con segni, anzi a volte è Lui stesso che stimola a chiederli come nel caso del profeta Isaia che incita il re Acaz a farlo. Dinanzi alla colpevole reticenza del re, è Dio stesso che dà il segno nella “giovane donna”, che concepirà e darà alla luce l’Emmanuele. In essa l’interpretazione biblica ha identificato Maria di Nazaret. Frequentemente tanti cristiani per credere chiedono segni e sono facilmente attratti da quelli più o meno eclatanti che possono manifestarsi nel cielo, negli avvenimenti o in particolari situazioni, interventi miracolosi, quasi un voler mettere Dio alla prova. Ciò è bollato da Gesù come vera e propria tentazione. Non bastano i numerosi miracoli, i segni della sua risurrezione, le mani forate ed il costato aperto. Si pretende che Dio scenda a patti e risponda puntualmente con segni convincenti. Gesù che definisce la sua generazione “che chiede un segno perversa e adultera”, offre anche oggi il segno di Giona, che allude alla sua morte e sepoltura (Mt 12, 38-42). È vero che la fede ha bisogno anche di segni, ma Gesù chiede un abbandono fiducioso in Lui al di là di segni visibili piccoli o grandiosi che siano. Una fede vera si edifica e cresce sulla base di una responsabile e matura risposta di amore. Maria lo insegna, e diviene così il segno più bello e convincente di quanto sia importante ascoltare la Parola e metterla in pratica. Così è assicurata ogni vittoria non per i nostri meriti, ma per l’iniziativa e la potente opera di Dio. P. Angelo Sardone