La semina del mattino
1612. «Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura. Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta» (Ap 14,14).
Dal tempio del Signore intravisto nella visione da Giovanni, viene fuori potente la voce di un angelo che intìma ad un altro, di gettare la falce sulla terra e di mietere. Con questa immagine, unita a quella della pigiatura dell’uva, già il profeta Gioele aveva descritto la fine del mondo. Qui più che raccolta, si intende il giudizio finale di Dio contro gli empi e l’esaltazione dei giusti. Le indicazioni liturgiche che scorrono in questi giorni in prossimità della conclusione dell’Anno liturgico, inducono a riflettere ed a considerare con coscienza serena la conclusione della vita sulla terra nel mistero della morte e le conseguenze legate al giudizio, prima particolare e personale e poi universale. Tante volte, sia i discorsi di Gesù in merito, soprattutto la parabola del giudizio universale, che le indicazioni pastorali di S. Paolo e le descrizioni del libro dell’Apocalisse, possono determinare una sorta di paura. Occorre guardare a queste realtà ultime, con serenità, leggendo, informandosi col Catechismo della Chiesa Cattolica non tanto su quando sarà la fine del mondo, cosa che neppure Gesù sa, ma cosa comporta la fine stessa dell’esistenza umana che, prima che del mondo, avverrà per ciascun uomo sulla terra. Per morire bene, occorre vivere bene: è questa la logica sensata segnata dal «carpe diem» in senso positivo, cioè nel cogliere ogni attimo che diventa buono per essere buono e per meritare una fine gloriosa non tanto davanti agli uomini, quanto davanti a Dio. P. Angelo Sardone